Percorsi in bicicletta tra Collio, Carso ed Isonzo… sui luoghi della Grande Guerra nella provincia di Gorizia…

Racconti da Sarajevo

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Racconti da Sarajevo

L'arte del caffè nella bosanska kafana Behar a Sarajevo
L’arte del caffè nella bosanska kafana Behar a Sarajevo

Racconti da Sarajevo. Da dove iniziare il resoconto di impressioni di un viaggio attraverso la Bosnia?

Kahva – Kafa in una Bosanska Kafana

Forse da una “Bosanska Kafana“. Meglio se in Baščaršija, perché no da Behar, Kazandžiluk 28, Sarajevo. Cinque cucchiaini di caffè in polvere finissima dentro la džezva, la caffettiera tubolare turca. Ci si versa sopra dell’acqua bollente. Il tutto viene poi portato sul fornello e lì lasciato sino a quando attorno alla bocca si concentra una schiuma scura, fino ad assumere un colore che sembra quasi di cioccolata calda. E’ una specie di crema che si addensa. A questo punto la džezva arriva in tavola e qui si perpetua il rituale. In un vassoio, oltre al pentolino fumante, un bicchiere d’acqua fresca, una piccola ciotola con un paio di zollette di zucchero, un cucchiaino, una tazzina bassa in ceramica senza manico detta fildžan e un lokum, una specie di  grande caramella mou aromatizzata all’acqua di rose.

Con il cucchiaino si preleva qualche goccia d’acqua dal bicchiere e la si versa sulla schiuma di caffè pronta a traboccare. Per reazione alla differenza di temperatura le bolle calano leggermente, e mescolando in superficie si ottiene una crema spumosa abbastanza omogenea che con il cucchiaino va portata nella tazzina.

Ed ecco che si può bere il caffè bosniaco (Kahva o Kafa).  Senza inclinare troppo la džezva, si versa una prima porzione di caffè sopra la spuma. Quindi si prende una zolletta di zucchero da inzuppare nel liquido perché se ne impregni, la si succhia leggermente e si beve, finalmente. Il primo sorso di caffè. Buonissimo… Svuotata la prima fildžan, la džezva contiene abbastanza liquido da poterla riempire altre due volte. E’ importante porre la massima attenzione a non rovesciare i residui del fondo, che devono (dovrebbero meglio dire) restare nel recipiente di metallo.

Solo alla fine si deve addentare il lokum gelatinoso, così che il palato possa assaporare la dolcezza,  un pò esagerata,  della caramella che compensa l’amaro del caffè.

Moschea e scuola coranica di Gazi-Husrev Beg
Moschea e scuola coranica di Gazi-Husrev Beg
Scorci nella Baščaršija a Sarajevo
Scorci nella Baščaršija a Sarajevo

Chi va piano va lontano. Polako i Daleko

Se capiscono che sei un occidentale, ti diranno “polako” ovvero vai piano, procedi lentamente. Non c’è fretta, è un rito, non è un caffè espresso italiano, che in 30 secondi è già bello,  finito e digerito. Questo gesto  antico, che si conserva immutato da anni, racchiude una sua simbologia. Il dolce, l’amaro. L’acqua bollente e l’acqua fresca. Il caffè in polvere finissima che diventa bevanda poi resta come residuo solido. Sono elementi che contrastano uno con l’altro, ma insieme si compenetrano, perdono le loro caratteristiche, acquisendo una nuova ed unica identità. Un pò come sempre è successo nel passato tra gli abitanti di queste montagne. Sono stati i turchi, per quattro secoli, a lasciare l’impronta decisiva. Hanno fondato la Sarajevo che oggi vediamo, il caravanserraglio, la Baščaršija, le moschee più antiche.


Con i commerci la città ha sviluppato l’humus per  definire il suo locus loci. Sono arrivati gli ebrei dalla Spagna, gli ortodossi e i cristiani. Tutti hanno aggiunto qualcosa e hanno contribuito alla creazione del cittadino di questa città.  A fine ‘800 gli Asburgo hanno conquistato la Bosnia lasciando un segno deciso ed inconfondibile sull’architettura di molti edifici di alcuni quartieri.

camminando verso Pekara Alifakovac
camminando verso Pekara Alifakovac

La cucina

La cucina ha accolto e contiene, rielabora e riassembla. Un piatto tipico bosniaco che adoro, ad esempio, é la dolma. Carne mista tritata ed insaporita con erbe, e poi avvolta nelle foglie di verdure o dentro peperoni gialli e cipolle. Il tutto dentro ad un fondo brodoso e panna acida. Questa pietanza é donna, é come Sarajevo. Ama tutti i suoi figli e li ingloba. Anche i cevab, simbolo maschile, qui sono contenuti nel somun, un tipo di pane che trovi in ogni pekara, una grande pita. Ma se si vuole gustare quello originale il consiglio è di provare la Pekara Alifakovac poco distante dalla Biblioteca Nazionale.

Qui viene cucinato rigorosamente a legna e il profumo che emana e si espande in tutto il circondario è davvero d’altri tempi. Lo trovi caldo ad ogni ora del giorno e mangiarlo, anche senza accompagnamento, è una delizia. Ci mettono anche i cevab, dentro al somun, assieme a cipolla a dadini e un formaggio acido. Una vera delizia per i carnivori e non solo.

Il tassista che vuole emigrare in Germania

Sarajevo è storia. Sarajevo è guerra. Come nelle parole del giovane taxista che ci riporta all’aeroporto. Lui che vuole emigrare, andare magari in Germania. Io che gli ricordo i fasti della squadra di Sarajevo, il mitico Bosna di Mirza Delibašić, allenato dall’istrione Bogdan Tanjevic. Il Bosna, la prima squadra jugoslava a conquistare la Coppa Campioni di Basket. Passiamo a fianco del palazzetto che consacrò quella squadra e poi accanto a quel che resta del villaggio olimpico del 1984. Lui a snocciolare i cognomi di tutti i giocatori del mitico “Yugoslavian Dream Team”, dell’ultima nazionale del 1991.

Io a dirgli che Sarajevo è una città di un’infinita bellezza. Lui a ribadire che la storia e la guerra sono sempre state in Sarajevo, forse a plasmarla. Lui che mi dice che all’inizio dell’assedio, nel 1992 era un bambino di 8 anni. Non si poteva andare a scuola, e non gli dispiaceva e questa era una delle poche cose positive di quei momenti.

Veliki Park a Sarajevo con il monumento per i bambini morti durante l'assedio
Veliki Park a Sarajevo con il monumento per i bambini morti durante l’assedio
Caravanserraglio, Vječna Vatra (fiamma eterna) e Ponte Latino con targa a ricordo assassinio Francesco Ferdinando
Caravanserraglio, Vječna Vatra (fiamma eterna) e Ponte Latino con targa a ricordo assassinio Francesco Ferdinando

Mi confida che ha bisogno di emozioni forti e gli piace il rafting estremo sulla Neretva (Narenta). Va spesso a Konjic. Io gli dico che sull’alto corso dell’Isonzo Soca , in Slovenia a Bovec, c’è tutta Europa che viene a fare rafting. E così ci lasciamo. con una stretta di mano, dopo aver ripreso gli zaini in spalla, dal baule della sua Peugeot.

Nella teeria Čajdžinica Džirlo con Hussein
Nella teeria Čajdžinica Džirlo con Hussein

La Teeria di Hussein

Sarajevo è Oriente come nella Teeria Čajdžinica Džirlo poco distante da Sebilj la fontana simbolo di Sarajevo. Hussein è il proprietario del locale ed è un personaggio che sembra appena uscito da un film ma invece è vero è autentico è reale come ogni dettaglio nel suo bar. Dove, sopra qualche sgabello o su qualche divanetto ci si ferma a chiacchierare della vita passata e per provare ad immaginare il futuro.

Sorseggiando una delle sue 100 qualità di te.. Oppure provando ad assaporare il salep una bevanda turca davvero speciale a base di una radice di orchidea selvatica con l’aggiunta di latte caldo.. Hussein ama intrattenersi con gli avventori e intrattenere, raccontando dei suoi anni in Italia, a Verona.. E quando ci sente parlare il nostro dialetto Veneto, mi dice scoppiando a ridere “va a remengo” e noi gli rispondiamo “va in mona”. Ha vissuto anche lui quasi tutto l’assedio. Ha avuto la fortuna di non avere morti in famiglia.. Non può odiare anche per questa ragione.. Però comprende chi invece ha avuto una sorte diversa e che avrà bisogno di tanto tempo ancora per cicatrizzare le ferite della guerra.

Sarajevo By Night

Sarajevo é un mare di gente, di giovani e meno giovani,  seduti al bar, che chiaccherano e fumano sigarette e sisha a gogò 😁. Che si riversano nelle vie, dopo il colpo di cannone che segna la fine del “ramadan diurno” e animano il centro fino alle prime ore dell’alba.

Sarajevo by Night
Sarajevo by Night

Colazione particolare a Sarajevo

Buregdžinica

La colazione a Sarajevo é per noi in tre locali diversi. Prima tappa presso una Buregdžinica. il locale dove viene cucinata la Pita, una sottilissima pasta fillo arrotolata, a spirale,  ripiena di carne, formaggio, spinaci o verdure. Viene preparata dentro a dei grandi tegami, solitamente rotondi, che vengono chiusi con un apposito coperchio e ricoperti da una montagnetta di brace ardente. Viene servita molto calda e a richiesta con uno jogurt casalingo, spalmato sullo stesso piatto. E con il salato siamo a posto, altro che wurstel con pancetta, uova strapazzate ecc.. 

Slastičárna

Si cerca quindi una Slastičárna Kafíći. Per CuginoGò una spettacolare Bakláva. Sfoglie di pasta fillo tagliata a quadrati, ripiena di pistacchi tritati e ricoperta di sciroppo di zucchero. Per me invece una sontuosa Hurmášica. Praticamente due biscotti inzuppati nel sciroppo di zucchero. E con il dolce siamo a posto, altro che omelette alla Nutella o burro e marmellata con panna, o altre zozzerie…

Bosanska Kafana

Terza e ultima tappa, un ottimo caffè bosgnacco, per mandare giù il tutto fino alla prossima sosta-ristoro naturalmente presso un’altra  Buregdžinica 😄👍👌. E poi, quando si ha sete, ci sono fontane bellissime in ogni angolo, dalle quali sgorga sempre un’acqua freschissima (sembra neve sciolta… ) oppure lamponi e altra frutta fresca, venduta dai negozietti di quartiere…

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