Percorsi in bicicletta tra Collio, Carso ed Isonzo… sui luoghi della Grande Guerra nella provincia di Gorizia…
Ungaretti – Poeta e Soldato sul Carso 1915-1916

Ungaretti – Poeta e Soldato sul Carso 1915-1916

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Ungaretti – Poeta e Soldato sul Carso 1915-1916

Il poeta Giuseppe Ungaretti disse di sè stesso nel 1963:

La mia poesia è nata in realtà in trincea, la guerra improvvisamente mi ha rivelato il linguaggio. Dovevo dire in fretta, perché il tempo poteva mancare, e nel modo più tragico; in fretta dire quello che sentivo. Se dovevo dirlo in fretta lo dovevo dire con poche parole. E se lo dovevo dire con poche parole, lo dovevo dire con parole che avessero avuto una intensità straordinaria di significato.
E così ho trovato il mio linguaggio: poche parole piene di significato che rendessero pienamente la mia situazione di quel momento. Io, quest’uomo, solo in mezzo ad altri uomini soli, in un paese nudo, terribile, di pietra; altri uomni che sentivano, come me, ciascuno singolarmente, la propria fragilità.


E che sentivano, nello stesso tempo, nascere nel loro cuore qualche cosa che era molto più importante della guerra, una forma di affetto, amore l’uno per l’altro.
Così piccoli come erano di fronte al pericolo, così disarmati con tutte le loro armi, ma, profondamente, si sentivano fratelli.
Ecco, questa è in fondo l’ispirazione e il mio linguaggio di quella mia poesia, la nascita della mia poesia, la nascita, la prima conquista, la conquista del valore, che può avere una semplice parola quando si arriva a colmarla del suo significato

Ungaretti – Poeta e Soldato sul Carso 1915-1916
Ungaretti – Poeta e Soldato sul Carso 1915-1916

Contenuto dell’articolo

Questo il corollario, per inoltrarci alla scoperta delle poesie di Giuseppe Ungaretti e ricomprese ne “Il porto Sepolto”. Poesie scritte nei luoghi esplorati, da più di un percorso ciclistico proposto da questo sito,

Vi arriva il poeta / e poi torna alla luce con i suoi canti / e li disperde ; la prima terzina della poesia che dà il titolo alla raccolta, vuole svelarci la poetica ungarettiana. Così come in “Commiato” Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso.

C’è una ricerca di una nuova consapevolezza, una volontà scaturita dal vivere accanto alla morte in ogni istante, che fa scattare il bisogno, la necessità di scavare dentro sè stesso, dentro la pena della vita e di trovare le parole con immagini, analogie e similitudini, nuove. Ungaretti vive in un contesto di guerra, e la poesia nasce, si “nutre” e vive in esso.

Questa tensione trova la sua naturale incarnazione in “Veglia”. Un’intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata / nel mio silenzio / ho scritto /lettere piene d’amore / Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita. Dove le parole grondano sangue e l’angoscia esce dalla pagina ed arriva al lettore, la crudeltà della morte del commilitone si concretizza con gli aggettivi “massacrato” “digrignata” e nelle immagini forti “la congestione delle sue mani”.

Questo crescendo drammatico di orrore, si apre però in un inatteso squarcio di speranza e di amore. In verità, solo chi sente vicina la morte, può aggrapparsi, con tutto sè stesso, alla vita. E, contestualmente, mai vengon meno le domande sul perchè della nostra esistenza come in “Dannazione” Chiuso tra cose mortali / (Anche il cielo stellato finirà) / Perchè bramo Dio ?

Ma ecco che in questo abisso di morte si scopre una parola chiave che Ungaretti assocerà sempre alla guerra Di che reggimento siete / fratelli ? / Parola tremante nella notte / Foglia appena nata / Nell’aria spasimante / involontaria rivolta / dell’uomo presente alla sua / fragilità / Fratelli”  Fratelli sono i compagni di sventura, ma anche chi combatte con un’uniforme di un altro colore, dall’altra parte della trincea. É la rivolta alla solitudine; il sentirsi accomunati con altre persone nello stesso istante, che si pongono probabilmente le medesime domande, che sono foglie appena nate, su di un ramo.

Ma il pianto del poeta non si vede, è come la pietra del San Michele in “Sono una Creatura”. Questa pietra, così fredda, dura, prosciugata, refrattaria e totalmente disanimata, aggettivi che dilaniano il silenzio e l’anima. Ungaretti, vivendo, sconta già la morte. Il suo cuore è il paese più straziato, il suo cuore è un cimitero dove nessuna croce manca a ricordo di tutti quanti gli corrispondevano. E ora non ci sono più e di loro non è rimasto niente. Nemmeno il brandello di muro come nelle case della poesia “San Martino del Carso”.


Ma poi è la natura che regala attimi di perfetta sintonia e fa riaffiorare i luoghi e i ricordi di una vitaStamani mi sono disteso / in un’urna d’acqua / e come una reliquia / ho riposato / L’Isonzo scorrendo / mi levigava / come un sasso e poi ad elencare i suoi fiumi. Il Serchio, il Nilo, la Senna e l’Isonzo. E’ questa la nostalgia che fa dimenticare, per un attimo, la corolla di tenebre che è la vita in trincea e tutto ciò che lo circonda in guerra. O come “La Notte Bella” Sono stato / uno stagno di buio / Ora mordo / come un bambino la mammella / lo spazio / Ora sono ubriaco / d’universo .

Ora, adesso è un presente da cogliere e vivere per sentirsi in simbiosi con l’universo. Le immagini rendono straordinariamente le esperienze che il poeta vive. Ma in ogni cosa c’è la convinzione che la poesia rappresenti , meglio di ogni altra cosa, la vita, l’uomo. Ungaretti un giorno scrisse:

Io credo che il giorno, che non ci sarà più la poesia, non ci sarà nemmeno l’uomo. Il modo tecnico di far poesia può anche mutare, non so né come né quando, se, necessità nuove, esigeranno che l’uomo si esprima in un modo diverso, con parole diverse, o che parli un linguaggio più rapido.


Ma l’uomo non potrà vivere senza poesia, perché essa rappresenta il segreto non solo di chi riesce, così per dono, a scriverle sulla carta. Ma di tutti, perché tutti l’hanno nell’anima. O l’uomo cessa di esistere, e allora al suo posto verrà fuori una specie di burattino che si muove automaticamente. Oppure resta ancora uomo con tutte le sue qualità fondamentali (fantasia, sentimento, senso di comunione con gli altri, ecc); in questo secondo caso, la poesia per forza continuerà a vivere”

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