Percorsi in bicicletta tra Collio, Carso ed Isonzo… sui luoghi della Grande Guerra nella provincia di Gorizia…

L’attentato di Sarajevo – 11

ALLA RICERCA DEI COMPLICI E FIANCHEGGIATORI

Nel frattempo, l’indagine sull’omicidio era in pieno svolgimento. Subito dopo essere stati portati alla stazione di polizia, Cabrinovic e Princip necessitarono di cure mediche e tempo per riprendersi a causa delle percosse subite dalla folla e degli effetti del cianuro, tuttavia, quando il giudice istruttore Leo Pfeffer, chiese a Princip se fosse pronto per essere interrogato, rispose con perfetta chiarezza e sicurezza. Ammise ciò che aveva fatto e perché, ma non disse nulla degli altri, negando che Cabrinovic e lui facessero parte della stessa cospirazione. Cabrinovic venne interrogato dal Procuratore di Stato Svara, ma rispose con una condanna chiara ed eloquente. Quella sera alle 7 di sera Princip venne ufficialmente accusato di omicidio. Più tardi, quella stessa sera, la polizia perquisì gli alloggi di Princip in via Oprkanj. Lì trovarono Danilo Ilic e, avendo ricevuto l’ordine generale di detenere tutti i radicali noti, lo arrestarono, senza sapere che in realtà era lui l’organizzatore del tentativo. Per tutto il pomeriggio e la sera ci fu un’ondata di arresti in città mentre la polizia radunò serbi locali, contadini, studenti e altri sospetti. Il giorno seguente, il 29 giugno, Cabrinovic e Princip ammisero di aver cospirato insieme a Belgrado per uccidere l’arciduca. Dissero che Ciganovic era stato di loro aiuto, sapendolo al sicuro e fuori dalla portata in Serbia. L’intera trama venne alla fine scoperta quando Ilic il 1 luglio, nel tentativo di salvare il collo dalla forca, tradì i sei assassini e tutti gli altri che in un modo o nell’altro li avevano aiutati. Sembra che Pfeffer gli avesse promesso pietà in cambio della sua collaborazione. Maggiori dettagli divennero noti quando Princip si decise di dirlo a tutti il ​​2 luglio, il suo motivo era che se avesse confessato con precisione almeno nessun danno sarebbe arrivato a persone innocenti. Il risultato è stato un repulisti generale di quasi tutti i soggetti coinvolti. Gli altri quattro assassini si erano silenziosamente allontanati dalla scena dell’assassinio – Mehmedbasic, Cubrilovic e Popovic fuggirono dopo aver visto la bomba di Cabrinovic esplodere, Grabez invece dopo aver sentito i due colpi sparati da Princip. Grabez prima andò a casa di uno zio, dove nascose la pistola e la bomba. Il 30 giugno, tornò a casa dei suoi genitori a Pale. Il giorno seguente, il 1 luglio, viaggiò con la sua ragazza a Visegrad, sul confine serbo, ma fu arrestato durante il viaggio perché non aveva il permesso di viaggio. Il suo passaporto mostrava che era arrivato dalla Serbia il 30 maggio (era stato infatti usato da Cabrinovic) e, sospettando che potesse avere qualcosa a che fare con la trama dell’omicidio, fu spedito a Sarajevo e imprigionato. Popovic, che aveva nascosto la pistola e la bomba nel seminterrato degli uffici di Prosvjeta (società culturale serba), venne arrestato il 3 luglio a Zemum, dove era andato a dormire con i suoi genitori. Cubrilovic andò al suo appuntamento pre-organizzato con il suo compagno di scuola Ivo Kranjcevic e consegnò la sua bomba e pistola. (Kranjcevic successivamente nascose le armi, prima nella casa di Ivan Momcinovic, un amico dei suoi genitori, poi, dopo che il genero di quest’ultima famiglia lo aveva affrontato per questa imprudenza, nella casa di sua madre, e infine, realizzando i rischi che stava prendendo, seppellendo la bomba in un parco cittadino e la pistola nel cimitero musulmano.), Cubrilovic fu arrestato nella città di Dubica, sulla frontiera settentrionale della Bosnia, il 3 luglio. Nei giorni seguenti, tutti i bosniaci che avevano assistito Princip e Grabez durante il loro viaggio con le armi vennero arrestati, come lo furono quei Sarajeviti che – consapevolmente o inconsapevolmente – avevano contribuito a nascondere le armi in seguito. Arrestati anche gli amici della scuola di Cubrilovic e Popovic che avevano saputo della trama ma non l’avevano riferito alle autorità. Tutte le bombe e le pistole nascoste furono successivamente recuperate dalla polizia. Mehmedbasic fu l’unico a sfuggire all’arresto. Si nascose per la notte con alcuni amici musulmani, lasciò Sarajevo il 30 giugno e riuscì a superare il confine in Montenegro (terra neutrale) il 3 luglio. Rimase lì fino a novembre (quando la prima guerra mondiale era già scoppiata) e poi fece il suo rientro in Serbia, per arruolarsi nell’esercito serbo e diventare uno stretto collaboratore di Tankosic e colonnello Apis. Tutti gli arrestati vennero rinchiusi in catene in celle isolate nel carcere militare nel parco della Filipoviceva Kasarna, la stessa caserma militare ispezionata dall’Arciduca nel giorno della sua morte. Furono interrogati, con intimidazioni e minacce, ed esposti a continue violenze e abusi da parte delle guardie carcerarie.

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