Percorsi in bicicletta tra Collio, Carso ed Isonzo… sui luoghi della Grande Guerra nella provincia di Gorizia…
A strapiombo sul Mare Adriatico

Trekking sulla Costiera Triestina

Sentiero Pescatori, Costa dei Barbari, Canovella degli Zoppoli

Dove terra e mare si incontrano, si concentra l’essenza della bellezza della natura e poterlo scoprire, camminando è il privilegio più grande a mio avviso. Il Trekking che propongo sulla Costiera Triestina parte da Aurisina (Nabrezina), seguendo le indicazioni Sentiero dei Pescatori – Ribiske Pot. Quasi subito si lascia il sentiero principale per prendere a destra il segnavia CAI 1 che si snoda, lungo il crinale del ciglione carsico. Il panorama si apre sul Carso, il Monte Ermada e su tutta la Costiera e lo sguardo arriva fino a Pirano da una parte e a Lignano dall’altra. La macchia mediterranea regala profumi e incanto in ogni stagione.


Ad un certo punto, decidiamo di scendere al mare; tagliamo la strada costiera sempre trafficata e scavalcando il parapetto vediamo che la traccia si snoda nel bosco. Il sentiero è abbastanza ripido e abbastanza impervio. La natura è selvaggia e solo nei punti più impervi, qualcuno ha attrezzato il percorso con assicurazioni e funi. In ogni caso in breve si arriva alla Spiaggia dei Filtri e alla Costa dei Barbari, la zona della Costiera dedicata agli amanti del Naturismo.

Siamo a febbraio, e non fa caldissimo, anzi… in realtà però, per qualcuno, non è mai troppo presto per prendere il sole, e alcuni appassionati dell’abbronzatura integrale, sono già a “dar spettacolo”. Il tratto di costa è davvero incantevole, selvaggio quanto basta, e le baie e le cale sono anche ben curate. Noi bardati di tutto punto, si prosegue lungo costa e puntiamo verso il residence Le Ginestre. Per aggirare un muraglione, dobbiamo necessariamente toglierci le scarpe oppure tornare sui nostri passi. Siccome solo i caproni tornano indietro, decidiamo di assaggiare la temperatura dell’acqua e fare trekking marino. Il primo impatto è abbastanza corroborante; poi ci si abitua e poi sono solo trenta metri di pediluvio.

Sbarchiamo sulla spiaggia del Residence e proseguiamo verso lo Stabilimento Le Ginestre. Il mare è bellissimo qua. Tempo per mangiarci un arancio a testa e ci rimettiamo a marciare sui ciottoli bianchi. Il suono del mare, la risacca e qualche gabbiano a farci compagnia. Prima del porticciolo, c’è un passaggio su dei massi, che bisogna aggirare con attenzione. Arriviamo alla Spiaggia di Canovella degli Zoppoli e qui incontriamo una famiglia di tedeschi e altre persone che stanno allegramente trascorrendo il pomeriggio. Il luogo è molto bello, un vero paradiso come dice la tabella appena sopra. Ci fermiamo anche noi a goderci il sole per una decina di minuti, poi di nuovo in marcia.

Per la salita, seguiamo il Sentiero dei Pescatori. E’ il vecchio tragitto che i pescatori percorrevano, dopo aver avvistato i tonni dai punti di vedetta. Scendevano e sulle loro piccole imbarcazioni dette Zoppoli, aprivano la mattanza. Il sentiero in certi punti è spettacolare per davvero. Dopo un bel pò di scalini siamo di nuovo in parcheggio dove recuperiamo l’autovettura.

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Contovello, Napoleonica, Barcola

Un altro percorso imperdibile per fare Trekking sulla Costiera Triestina è quello che si snoda da Contovello Borgo San Nazario. Qui c’è il balcone sul mare per vedere la Barcolana la seconda domenica di ottobre. Le pareti di roccia, dove appassionati si arrampicano. Il panorama su Trieste è invidiabile. Ad un certo punto prendiamo il sentiero a sinistra “Strada Stefania“. Il sentiero si fa più selvaggio come piace a noi. Il Carso ci accoglie con i suoi profumi e le sue pietre che nascondono sempre insidie. Si taglia il costone e poi si scende dentro un bel bosco di roverella e su traccia di sentiero non sempre evidentissima, si arriva a congiungerci alla Strada del Friuli.

Qui volendo si può tornare a Contovello oppure scendere a mare su una scalinata di ciottolato e pietre che si snoda tra le case. In breve si scende a Barcola, il lungomare dei triestini. Ci mangiamo un gelato all’Ottavo Nano e proseguiamo sul lungomare verso Miramare. Prima del California, prendiamo a sinistra un sentierino che sale ripido. Passiamo sotto la ferrovia e continuiamo la salita che si fa estremamente tosta. Arriviamo finalmente sulla strada asfaltata che seguiamo a sinistra e dopo altri venti minuti di cammino siamo di nuovo a Borgo San Nazario dove c’è tempo per un ottimo te sotto il pergolato del Bar Giovanni, dove il titolare piuttosto simpatico, si trattiene con noi. E’ tempo di carnevale e tanti sono in maschera e brindano e scherzano. Il giro è concluso, fare Trekking sulla Costiera Triestina è un’esperienza davvero unica e da rifare.

Trieste… secondo me 🙂

Trieste è una città davvero diversa dalle altre. Ha un fascino unico che è difficile trovare in Italia. Non so come spiegarmi, è quel suo essere tutto e non essere niente allo stesso tempo. Se arrivi dalla stazione, comprendi, appena scendi dal treno, che le rotaie finiscono e ti trovi sull’ultimo lembo d’Italia, avamposto verso l’Oriente. Ma sei veramente in Italia oppure ti trovi ancora in una città asburgica e mitteleuropea di un secolo fa? Poi vai verso Piazza Unità, lungo le rive e sbatti il muso sul Porto Vecchio e capisci cos’era e senti già il “no se pol” odierno, che in qualche modo blocca il suo volo verso il cielo.

Allora ti vengono in mente quei gabbiani, qui ce ne sono tanti e anche di dispettosi e irrispettosi con le statue e i palazzi. Sì quei gabbiani che, finchè sono a terra, sono goffi nel loro incedere, mentre se schiudono le loro ali, dominano il cielo e si librano nell’aria senza fatica apparente. La leggerezza triestina è nascosta anche qua. In quello scanzonato prendersi gioco di se stessì, in quello spirito critico e dissacrante di ogni cosa, appena uno crede di averne colto l’anima, il “crocal” con il suo gracchiare, scappa e ti lascia un bel ricordino, magari in testa o sulle spalle.

Poi però vedi il mare, vai sul Molo Audace e senti che te “son sempre solo el solito mona“, che vorresti correre veloce e camminare sopra le acque, ma tu non puoi farlo, non sei il miracolato. Vedi tutte le persone che sono sedute con le gambe a penzoloni che si pigliano il sole. D’inverno invece, le onde che ti bagnano e tu non riesci a stare in piedi su quel molo. E ovunque tu vada, c’è sempre lei che ti entra dentro nei vestiti, la bora, che non è solo un vento ma un grido sferzante e primordiale che non ti dà respiro, che proviene da quella natura selvaggia e inospitale che è appena un chilometro distante da te e dal mare.

Il Carso, il mare di pietra, perennemente immobile, mentre l’Adriatico è in burrasca e solo l’Ursus osa muoversi, quando ne ha voglia. E quando sei sull’altopiano, allora scendi fin negli abissi di Trebiciano o dentro la Grotta Gigante e percepisci che esiste l’immutabilità, quella vita perenne che fuori non c’è; le stalattiti, le stalagmiti, le colonne, i filamenti, goccia su goccia, per milioni di anni, se ne sbattono di quel che succede là fuori, dei romani, dei barbari, dei veneziani, degli austriaci e degli italiani. “che fazzi pur sti omini” tanto “col tempo” non capiranno mai.

Ma forse non è che questi triestini abbiano solo troppe anime, e pure antitetiche? E’ questo forse ciò che impedisce loro di trovare la loro specificità, o una univocità, o una direzione precisa da seguire? Una meta possibile che dovrebbe spingerli ad una decisione sul da farsi, che invece viene sempre rimandata, forse perchè il naufragar per loro è così dolce in questo mare? Non so, ogni volta sento di capirne sempre meno. La sua vocazione laico che si sposa nelle chiese delle numerose comunità religiose. Sento come Trieste sia unica, anche per questo suo sradicarsi perenne, per questo sua sfuggente bellezza che non si riesce mai a cogliere appieno, specie per me, che son foresto, e furlan oltretutto.

Penso agli scrittori che l’hanno e la fanno grande. Joyce, Svevo, Saba, Slataper ma anche ai contemporanei. Claudio Magris, Veit Heinichen, Mauro Covacich, Pino Roveredo, Paolo Rumiz e altri che hanno piantato le loro tende su questa pietra. Per un attimo mi torna alla mente Nereo Rocco, al grande Paron, ai suoi campetti di calcio disseminati nella città come le sue osterie, che ci sono ancora, ma bisogna saperle cercare. E poi Lelio Luttazzi e quella sua allegra nostalgia che trasudava sempre dal suo modo di essere, di cantare, di farci sorridere, nel suo stile elegante e con la sua intelligenza, senza mai prendersi sul serio. Come ha raccontato lui nella sua “Ritorno a Trieste”

Sarà che più che se diventa veci,
più che se diventa veci,
più se ga voja de pianzer
come i fioi.

e poi basta invece prendere una barca a remi, una “bagnarola”, prendere il largo e tutto quello che ti sembrava di aver colto, non ha più senso, sei solo tu e il mare, con quel senso di libertà, misto di paura sotto e dentro, di un qualcosa che nessun uomo può dominare, quell’afflato verso l’infinito che è in noi ma che ci terrorizza. E anche se hai i punti di riferimento a terra, il Faro della Vittoria, Miramare, Monte Grisa, il Porto, senti la tua precarietà mortale anche qua. Respiri quel sapore di mare è bellissimo ma sai che devi rimettere piede a terra prima o poi, su quel lembo estremo, non puoi restare sospeso per troppo tempo, anche se il tempo nel frattempo si è fermato

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